7 APRILE 1999 nr. 24 Notiziario a cura del Museo Internazionale Croce Rossa Castiglione delle Stiviere (MN) ---------------------------------------------------------------------------------- 1. ICRC NEWS 11 Traduzione di R.Arnò 2. MESSA AL BANDO INTERNAZIONALE DELLE MINE ANTIUOMO GENESI E NEGOZIAZIONE DEL TRATTATO D'OTTAWA di Peter Herby e Stuart Maslen - "Revue Internazionale de la Croix Rouge" CICR Dic.98 nr.832. Traduzione di Luigi Micco (Benevento). 3. Resoconto riunione di coordinamento D.I.U. del Lazio del 27.3.99
-------- 1 --------- ICRC NEWS 11 18 marzo 1999 SOMMARIO SUDAN: NEL CORSO DELL'ULTIMO DECENNIO A LOKICHOKIO 200 STUDENTI HANNO RICEVUTO UNA FORMAZIONE SANITARIA: Il 28 febbraio, sedici aiuto-infermieri Sudanesi, ultimata la formazione presso l'ospedale chirurgico Lopiding a Lokichokio, nel nord del Kenya, hanno lasciato la struttura del CICR per tornare ai loro ospedali ed alle loro cliniche d'origine nel Sudan meridionale. IRAN/IRAQ: ANCORA 502 PRIGIONIERI RIACQUISTANO LA LIBERTA': Il 16 marzo, 449 prigionieri di guerra Iracheni e 53 Iraniani, detenuti rispettivamente in Iran ed in Iraq, sono stati rimpatriati sotto gli auspici del CICR. LIBERIA: PARTE LA CAMPAGNA PER IL CINQUANTENARIO DELLE CONVENZIONI DI GINEVRA: Il CICR ha scelto il 15 marzo, data in cui si celebra l'anniversario del primo presidente del Liberia, per l'avvio di numerose iniziative connesse alla campagna per la promozione del cinquantenario delle Convenzioni di Ginevra. -------- 2 --------- Nota introduttiva: Nel numero 23 di Caffè Dunant, è stato pubblicata la traduzione della seconda parte dell'articolo "MESSA AL BANDO INTERNAZIONALE DELLE MINE ANTIUOMO - GENESI E NEGOZIAZIONE DEL TRATTATO DI OTTAWA" di Peter Herby e Stuart Maslen apparso sul nr.832 della "Revue Internazionale de la Croix Rouge" CICR Dic.98. Di seguito pubblichiamo la terza ed ultima parte. La traduzione è a cura di Luigi Micco (Benevento). Nota sugli autori: Stuart Maslen è consigliere giuridico; Peter Herby è coordinatore dell'Unità mine/armi in seno alla Divisione Giuridica del CICR. Sono stati entrambi membri della delegazione del CICR alla Conferenza Diplomatica d'Oslo, durante la quale è stato discusso il trattato d'Ottawa. COOPERAZIONE ED ASSISTENZA INTERNAZIONALE È apparso chiaro che, sia in materia di sminamento, sia in materia di distruzione delle scorte, la cooperazione e l'assistenza internazionale giocano un ruolo essenziale. Essa solo può, in effetti, permettere un'adesione rapida e la messa in applicazione effettiva del trattato sul terreno [26]. Durante la riunione di esperti di Vienna, il CICR ha sottolineato che le esigenze tecniche specificate nel trattato sono interamente differenti da quelle che figurano nel Protocollo II modificato (questo esamina l'impiego di nuovi tipi di mine). Il testo relativo all'assistenza tecnica non poteva dunque essere identico a quello venuto fuori, a costo di grandi sforzi, durante i negoziati condotti nell'esame della Convenzione su certe armi classiche. ASSISTENZA ALLE VITTIME DELLE MINE Ugualmente, il sostegno internazionale costituirà un elemento cruciale dell'azione necessaria per assicurare, a lungo termine, le cure e l'assistenza richieste dalle vittime delle mine. Nei commenti sul terzo progetto austriaco [27], il CICR ha lodato l'inclusione di una disposizione che chiede ad ogni Stato parte di impegnarsi, nella misura in cui può farlo, a fornire un'assistenza in vista di assicurare la cura e la riabilitazione delle vittime di mine terrestri e di realizzare dei programmi di prevenzione. Un'altra proposta - chiede che gli Stati parti accettino, in virtù del primo articolo, l'obbligo di assistere le vittime delle mine - che tuttavia non è stata considerata. La disposizione che compare nel testo finale del trattato menziona espressamente la possibilità di fornire un'assistenza alle vittime delle mine attraverso i canali di organizzazione non governative (ONG), di organismi delle Nazioni Unite e degli organismi del Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa [28]. Facendo seguito ad una proposta della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine terrestri, questa disposizione impone ugualmente l'obbligo di fornire un'assistenza internazionale in vista della reintegrazione sociale ed economica delle vittime delle mine che sopravvivono alle ferite [29]. Come è stato rilevato, a giusto titolo, durante i negoziati di Oslo, dai rappresentanti della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine terrestri, l'assistenza alle vittime delle mine va ben aldilà della necessità chirurgica e della riabilitazione fisica. PROMOZIONE DEL RISPETTO E DELL'APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONE DEL TRATTATO Come noi abbiamo già ricordato, la questione del controllo dell'applicazione del trattato è stato l'oggetto di discussioni approfondite. Durante la riunione di esperti di Vienna, delle divergenze di vedute sono apparse tra gli Stati che stimano che poco, o nulla, di controllo sia necessario nel caso di questo trattato (dato il suo carattere essenzialmente umanitario) e gli Stati molto preoccupati per le implicazioni, sul piano della sicurezza, di un divieto di mine antiuomo e che desideravano vivamente la messa in opera di procedure di controllo estese, simili a quelle che prevedono diversi accordi di disarmo conclusi precedentemente. Un Paese, Santa Lucia, esprimendosi in nome dell'Organizzazione degli Stati americani, ha sottolineato che i governi dell'America centrale erano desiderosi di rispettare le disposizioni del trattato e di cooperare pienamente per via indiretta con misure di trasparenza e scambio di informazioni, al fine di beneficiare di un aiuto esterno per eliminare le loro mine antiuomo. Un tale approccio positivo non è preferibile agli sforzi tesi ad "acciuffare" i violatori del trattato grazie ai sistemi di controllo tradizionali? Nello stesso spirito, durante la riunione d'esperti che si è ulteriormente tenuta a Bonn, un governo ha proposto la creazione di una commissione che, agendo nell'ambito cooperativo, sarà incaricata di verificare l'applicazione del trattato o di indagare. Nessun consenso si è potuto raggiungere su questo punto durante il dibattito. Nondimeno, il presidente ha ricordato durante il suo rendiconto che sarà necessario verificare che questo meccanismo considerato sia efficace in rapporto al suo costo e che sia facile da applicare; egli ha ugualmente sottolineato l'importanza degli scambi di informazioni e ha evocato la possibilità di organizzare delle missioni di accertamento dei fatti. Il presidente ha inoltre dichiarato che l'eventuale adozione dell'approccio utilizzato per gli accordi di controllo degli armamenti necessiterà di una più ampia discussione ed egli ha insistito sul riferimento, nella risoluzione 51/45S dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ad un accordo internazionale "efficace". Le discussioni sono continuate nel giugno 1997, nell'ambito della Conferenza di Bruxelles. Un certo numero di Paesi, tra i quali la Norvegia, la Svezia e la Svizzera, hanno sostenuto che essendo il trattato principalmente uno strumento di diritto umanitario, un controllo dettagliato della sua applicazione non fosse essenziale e, al contrario, si correrebbe il rischio di dissuadere certi Stati dall'aderirvi. L'Ecuador ha affermato che per garantire il rispetto del trattato, bisognava vietare la produzione e l'esportazione delle mine antiuomo. Altri Paesi (l'Australia, in particolare) hanno chiesto che il trattato fosse racchiuso nell'ambito del disarmo affinché esso potesse beneficiare di un'adesione universale, lasciando intendere che il trattato di Ottawa rischiava di essere "una soluzione permanente parziale". L'Uruguay desiderava una "formula equilibrata" (che comportasse delle clausole in vista di un controllo efficace) per evitare che il trattato non sia mai, in fin dei conti, che un pio voto. Molte "misure di trasparenza" figurano già nel primo progetto austriaco. Al momento della redazione del testo definitivo, la lista dei punti sui quali un rapporto deve essere presentato si era considerevolmente allungata. In virtù dell'art. 7 del trattato d'Ottawa, ogni Stato parte deve presentare al depositario, al più tardi entro 180 giorni dopo l'entrata in vigore del trattato, un rapporto dettagliato su numerosi aspetti dell'applicazione del trattato. Le missioni di accertamento dei fatti sono ugualmente previste in caso di non rispetto presunto del trattato da parte di uno Stato parte [30]. Evidentemente, questa clausola è stata difficile da negoziare e rappresenta, alla lunga, l'articolo più lungo del trattato. Per contro, un'altra disposizione ha sollevato meno controversie: gli Stati parti hanno deciso di riunirsi ogni anno, dall'entrata in vigore del trattato e fino alla data della prima Conferenza di riesame, prevista cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato. Degli emendamenti possono tuttavia essere proposti in ogni momento, una volta che il trattato diviene giuridicamente impegnativo. Le procedure relativamente semplici previste per facilitare e chiarire il rispetto del trattato saranno probabilmente completate attraverso un "meccanismo di controllo esercitato dai cittadini", i cui dettagli dovranno essere conclusi da qui alla fine dell'anno in corso. MISURE NAZIONALI DI ENTRATA IN VIGORE In seguito ad una proposta presentata dagli Stati Uniti durante i negoziati che si sono conclusi con l'adozione del Protocollo II modificato, il primo progetto del testo austriaco comportava una clausola che prevedeva una giurisdizione obbligatoria universale per gli atti commessi deliberatamente durante un conflitto armato e causanti morti o feriti gravi. Nel secondo progetto, comunque, questa clausola era stata considerevolmente addolcita ed è stato previsto solo l'obbligo di prendere "tutte le appropriate misure legali, amministrative ed altre, ivi comprese l'imposizione delle sanzioni penali, per prevenire e sopprimere tutte le attività vietate ad uno Stato parte (...) attività che saranno condotte da persone, o sul territorio, sotto la sua giurisdizione o il suo controllo" [31]. È per questo, che durante la riunione d'esperti di Bonn, il CICR ha fatto circolare una proposta informale, che presentava in dettaglio le misure nazionali di messa in applicazione. Durante la Conferenza diplomatica di Oslo, la Svizzera ha introdotto una proposta di giurisdizione obbligatoria avente autorità su tutti i cittadini di uno Stato parte che avrebbe impiegato le mine antiuomo o dato l'ordine di utilizzarle. Sfortunatamente, forse perché molti negoziatori avevano un'esperienza largamente centrata sul disarmo, questa proposta non è stata mantenuta. La disposizione finalmente adottata è molto simile a quella che figura nel secondo progetto austriaco, e di conseguenza essa esige normalmente - ma non sempre - l'adozione di una legislazione nazionale. RISERVE Un articolo che vieta di introdurre delle riserve alle disposizioni del trattato, simile a quella che figura nella Convenzione del 1993 sulle armi chimiche, era già incluso nel primo progetto austriaco. Resta immutato alla fine dei negoziati, benché molti Stati erano tentati, durante la Conferenza diplomatica d'Oslo, di indebolirlo introducendo un'eccezione per i periodi di conflitti armati; certi Stati erano arrivati a chiederne la soppressione. [32] ENTRATA IN VIGORE Il primo progetto austriaco aveva proposto che il trattato entrasse in vigore sei mesi dopo il deposito del quarantesimo strumento di ratifica. Certi Stati hanno giudicato questo numero troppo elevato; il CICR, per parte sua, ha ricordato ai partecipanti alla Conferenza diplomatica di Oslo che le convenzioni di Ginevra del 1949 ed i loro Protocolli aggiuntivi del 1977 erano entrati in vigore dopo il deposito di due soli strumenti di ratifica. Da un punto di vista umanitaria, l'applicazione del nuovo trattato - anche da parte di un numero limitato di Stati - apporterà dei vantaggi certi e incoraggerà altri Stati a aderirvi. Comunque, certi altri Stati hanno ritenuto che, sul piano della sicurezza, la rinuncia alle mine antiuomo era gravata di molte conseguenze e che bisognerà, di fatto, esigere più di 40 ratifiche. Finalmente, un compromesso è stato raggiunto: 40 ratifiche saranno necessarie affinché il trattato entri in vigore [33]. Al momento della redazione del presente articolo, 11 Stati - Belize, Canada, Ungheria, Irlanda, Maurice, Nioué, San Marino, Santa Sede, Svizzera, Trinidad e Tobago e Turkmenistan - avevano depositato i loro strumenti di ratifica presso il depositario, il segretario generale delle Nazioni Unite. Bisogna sperare che il numero di 40 ratifiche sarà raggiunto ben prima della fine dell'anno in corso, in modo che il trattato possa entrare in vigore agli inizi del 1999. In seguito ad un suggerimento del Belgio, è stata data la possibilità ai primi 40 Stati di dichiarare, al momento della ratifica, la loro intenzione di applicare, a titolo provvisorio, le disposizioni essenziali del trattato, enunciate nel primo articolo, al paragrafo 1 (cioè il divieto d'impiego, di messa a punto, di produzione e di trasferimento), fino all'entrata in vigore dell'insieme del trattato [34]. Ad oggi, due Stati - Maurice e Svizzera - hanno scelto questa possibilità. RINUNCE Il primo progetto di testo austriaco prevedeva la possibilità di ritirarsi dal trattato, con un preavviso di 90 giorni, se uno Stato stimava che degli "avvenimenti straordinari (...) avrebbero messo in pericolo i propri interessi supremi". Già durante la riunione di esperti di Vienna, è apparso che le idee divergevano sulla questione del ritiro. Certi Stati stimavano che non doveva esistere nessun diritto al ritiro, per il fatto che un Paese facesse uso di questo diritto quando esso fosse impegnato in un conflitto armato - cioè precisamente nel momento in cui le disposizione del trattato rivestono importanza maggiore. Il Messico ha formulato una proposta ricalcata sulla clausola di ritiro contenuta nel I Protocollo aggiuntivo del 1997: questa prevede che sia possibile, per uno Stato, di ritirarsi dal Protocollo, ma gli effetti del ritiro sono sospesi se uno Stato è impegnato in un conflitto armato [35]. Altri Stati hanno proposto una clausola di ritiro formulata in modo semplice così come figurava nel progetto austriaco. Durante la Conferenza diplomatica d'Oslo, questa questione è stata oggetto di lunghi negoziati. Finalmente, un accordo è stato trovato e la disposizione adottata permette un ritiro effettivo sei mesi dopo il ricevimento, da parte del depositario, della notifica. Se, tuttavia, alla fine di questo periodo di sei mesi, lo Stato parte che ha deciso di ritirarsi è impegnato in un conflitto armato, il ritiro non avrà effetto prima della fine del conflitto. [36] NOTE: [26] Art. 6. [27] Supra, nota 23. [28] Art. 6, par. 3. [29] Idem. [30] Vedere l'art. 8. [31] Vedere l'art. 10 del secondo progetto austriaco. [32] Art. 19. [33] Art. 17. [34] Art. 18. [35] Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (I Protocollo), art. 99. [36] Art. 20. [37] Vedere Coupland, R. M. (ed.), The SIrUS Project, Towards a determination of which weapons cause "superfluous injury or unnecessary suffering", CICR, Ginevra, 1997. [38] Louise Doswald-Beck, "Le nouveau Protocole sur les armes à laser aveuglantes", RICR, n. 819, maggio-giugno 1996, pp. 289-321. -------- 3 --------- Resoconto riunione di coordinamento D.I.U. del Lazio del 27.3.99 Il giorno 27 marzo 1999 si é tenuta, presso la Sala Azzurra del Comitato Provinciale CRI di Roma, la consueta riunione mensile del Coordinamento Regionale del Lazio per il Diritto Internazionale Umanitario. Il Coordinatore Regionale, Gerardo Di Ruocco, ha aperto l'incontro sottolineando come, nell'attuale situazione di crisi internazionale, grandi aspettative sono riposte proprio nell'azione di tutte le organizzazioni non governative impegnate in compiti umanitari; la Croce Rossa, quale Istituzione storicamente deputata all'assistenza delle vittime dei conflitti, é ben consapevole dei propri doveri e, anche in questa occasione, saprà onorare fino in fondo le proprie responsabilità. Il nuovo scenario nazionale ha quindi imposto l'attualizzazione degli impegni previsti dal Coordinamento, che sono stati aggiornati come segue: 1. Aprilia, 11 aprile 1999: 4ª Giornata Informativa sul Diritto Internazionale Umanitario per Capi Monitori, Monitori ed Istruttori della Croce Rossa Italiana; oggetto di studio saranno le quattro Convenzioni di Ginevra, nel cinquantennale della loro sottoscrizione; nell'incontro sarà curata la formazione degli aspiranti frequentatori ai corsi per Istruttori D.I.U. organizzati dalla Croce Rossa; per i non addetti é comunque possibile, previa richiesta, assistere alla manifestazione, che si terrà dalle ore 9.00 alle 13.00 presso la locale delegazione della Croce Rossa. 2. Viterbo, 7 maggio 1999: in occasione dell'inaugurazione della nuova sede della Croce Rossa Italiana, avrà luogo il Convegno Regionale "Intervento Umanitario ed Azioni per il Mantenimento della Pace"; la manifestazione é aperta a tutti; 3. Frosinone, 15 maggio 1999: 3° Meeting Regionale di Diritto Internazionale Umanitario per le Forze armate e la Croce Rossa Italiana: "Masse in movimento: profughi, rifugiati e sfollati"; per i non addetti é comunque possibile, previa richiesta, assistere alla manifestazione. nel corso dell'incontro è stato deciso di avviare, sulla base della positiva esperienza maturata nel corso del seminario recentemente concluso presso il Liceo Scientifico Statale "Ignazio Vian" di Bracciano (RM), un programma di diffusione D.I.U. agli insegnanti degli istituti scolastici della capitale; l'attività è di complemento ai corsi normalmente svolti dal Coordinamento Regionale in favore alle scolaresche del Lazio. In ordine all'aggiornamento degli Istruttori D.I.U. della Croce Rossa, durante la riunione é stata decisa la frequenza, da parte dei componenti del Coordinamento, a corsi organizzati dalle maggiori Associazioni Non Governative che si occupano della tutela dei Diritti Umani. La prossima riunione del Coordinamento é stata fissata per sabato 17 aprile 1999, alle ore 15.30, presso il Comitato Regionale CRI di Roma. Per qualunque informazione, il recapito del Coordinamento Regionale D.I.U. per il Lazio è presso il Comitato Provinciale CRI di Roma, Via Bernardino Ramazzini nr.31 - 00151 Roma - Fax 06.65741204. Riccardo Brandizzi, DT D.I.U. VdS CRI Morlupo |