17 APRILE 1999 nr. 25 Notiziario a cura del Museo Internazionale Croce Rossa Castiglione delle Stiviere (MN) ---------------------------------------------------------------------------------- 1. ICRC NEWS 11-12-13-14 Traduzione di Luigi Micco. 2. Comunicato di stampa congiunto Federazione nr. 99/10 CICR nr. 99/19 Traduzione di Sabrina Bandera 3. Gruppo di lavoro su problemi umanitari del "Peace Implementation Council" INFO-PRESS nr.89 del 6 aprile 1999. Traduzione di Luigi Micco. 4. posizione del CICR sulla crisi nel Kossovo (pubblicata nel sett.1998) Traduzione di Luigi Micco.
-------- 1 --------- ICRC NEWS 12 LIBERIA: RIPRISTINO DEL PROGETTO IN OTTO PRIGIONI: In marzo il CICR ha cominciato a ripristinare la cucina e le installazioni sanitarie in otto prigioni della Liberia, tre di loro in Monrovia e cinque in zone rurali. Sacchi di cemento, mattoni, attrezzi e serbatoi per l'acqua sono stati trasportati dalla capitale nelle parti remote del Paese, perché nessun materiale o equipaggiamento era disponibile in loco. MOROCCO/ SAHARA OCCIDENTALE: LA SQUADRA MEDICA DELL'ICRC VISITA I PRIGIONIERI MAROCCHINI PRESSO IL FRONTE POLISARIO: Tra il 6 e il 20 marzo una squadra del CICR composta da un medico, un oftalmologo ed un dentista ha visitato un gran numero di prigionieri Marocchini (1877), tenuti vicino al fronte Polisario nella regione Algerina di Tindouf. PROGETTO "PERSONE IN GUERRA": GIUNTO A METÀ: Ufficialmente lanciato lo scorso novembre, messo a punto in Colombia il mese precedente, il progetto del CICR "Persone in guerra" ha raggiunto metà del suo sviluppo. GUERRA E ACQUA Guerra ed acqua sono sempre state indissolubilmente collegate. La logica è chiara: distruggere l'accesso dei propri nemici alle fonti d'acqua vuol dire ridurre la loro abilità alla lotta. Nell'arido Medio Oriente, molti analisti credono che una delle dispute maggiori, sia il controllo dei corsi dell'acqua della regione. ICRC NEWS 13 IUGOSLAVIA: IL CICR AIUTA I CIVILI CHE FUGGONO DAL KOSOVO: Dal 29 marzo il CICR ha deciso di ritirate il proprio personale internazionale dal Kosovo perché il rapido aggravarsi della situazione non garantiva più la sicurezza necessaria per proseguire nelle sue attività umanitarie. ANGOLA: CICR ANCORA A KUITO: Dopo i pochi giorni trascorsi, Kuito, nella Planalto angolano, è di nuovo sotto il fuoco nemico, e ciò spinge di Kunje e d'altre zone particolarmente esposte della periferia della città a convergere sul centro. TAJIKISTAN: IL CICR ASSISTE LE VITTIME TIFOIDEE IN GARM: In uno sforzo per contenere un'epidemia di febbre tifoidea che è scoppiata in Garm due settimane fa, il CICR e la Società Nazionale della Mezzaluna Rossa del Tajikistan ha provveduto all'assistenza medica e ha lanciato una campagna d'informazione pubblica in tutta la regione. ICRC NEWS 14 IUGOSLAVIA: IL CICR INVIA AIUTI AD ALEKSINAC: A seguito delle incursioni aeree NATO su Aleksinac di lunedì scorso, il CICR congiuntamente alla Croce Rossa Iugoslava ha effettuato un esame della situazione umanitaria nella città. LIBERIA: DIFFUSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO: "E' essenziale per i combattenti osservare le regole fondamentali del Diritto Internazionale Umanitario durante le operazioni militari effettuate in situazioni di crisi o violenza", ha detto un ufficiale che aveva appena completato un corso sul Diritto Internazionale Umanitario per futuri istruttori dell'esercito, polizia e forze di pubblica sicurezza della Liberia. UGANDA: SEMI PER GLI SFOLLATI: Adelaide è il capo di una delle 62,000 famiglie sfollate che vivono in 26 villaggi protetti in Acholiland che ha ricevuto sollievo dalla fornitura del CICR durante l'ultima settimana di febbraio e la prima di marzo. -------- 2 --------- Comunicato di stampa congiunto Federazione nr. 99/10 CICR nr. 99/19 2 Aprile 1999 CRISI NEI BALCANI: APPELLO DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA E DELLA MEZZALUNA ROSSA PER PIU' DI 100 MILIONI DI FRANCHI SVIZZERI Il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha lanciato un appello iniziale per più di 100 milioni di franchi svizzeri necessari per far fronte alle conseguenze umanitarie devastanti della crisi che si sta svolgendo nei Balcani. Secondo le stime, 200.000 rifugiati e profughi che fuggono dal Kosovo sono già arrivati in Albania, in Montenegro e nella ez-Repubblica jugoslava di Macedonia, e il loro numero aumenta di ora in ora. Essi sono spesso traumatizzati, hanno disperatamente bisogno di aiuto e non vedono davanti a loro che un futuro estremamente incerto. Praticamente non c'è più una presenza internazionale in kossovo dopo il ritiro del CICR e l'inquietudine quanto alla sorte dei civili rimasti nella provincia non cessa di crescere. Dall'inizio della crisi, le organizzazioni della Croce Rossa in Montenegro e nei paesi vicini - sostenute da un numero crescente di delegati del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e di Mezzaluna Rossa - lavorano giorno e notte per fornire a coloro che arrivano via via soccorsi e cure mediche essenziali. Allo stesso tempo, dal momento che le oprerazioni militari proseguono altrove nella Repubblica Federale di Jugoslavia, i civili che vi si trovano sono ugualmente confrontati ad una situazione sempre più difficile, passando notte dopo notte nei rifugi. Dall'inizio dei bombardamenti, la Croce Rossa jugoslava assiste le vittime e fornisce i soccorsi medici. Le priorità del Movimento sono le seguenti: * Prendere tutte le misure per aiutare a proteggere i civili del Kosovo. Le équipes del CICR continueranno a raccogliere presso i rifugiati e i profughi informazioni sulla sorte dei loro familiari rimasti in Kosovo. * Continuare a fornire ai rifugiati e ai profughi all'interno del paese i soccorsi di urgenza, soprattutto viveri, medicinali e materiale medico, acqua, materiali per la costruzione di un riparo e altri articoli indispensabili. A lungo termine, fornire materiale scolastico, assitenza sociale e un aiuto psicologico, assicurando un sostegno permanente alle organizzazioni della Croce Rossa in Albania, in Montenegro, nella ex-Repubblica jugoslava di Macedonia e in Bosnia-Erzegovina. *Fornire medicinali, materiale medico e altri soccorsi alla Croce Rossa jugoslava per permetterle di far fronte ai bisogni derivati dal conflitto, e sostenere i programmi portati avanti dalla Società Nazionale in favore dei rifugiati della Croazia e della Bosnia - Erzegovina. Glia avvenimenti si aggravano di ora in ora e di conseguenza un appello completo che terrà conto dell'evoluzione della situazione sarà lanciato la settimana prossima. -------- 3 --------- CICR news and communications INFO-PRESS nr.89 del 6 aprile 1999 Gruppo di lavoro su problemi umanitari del "Peace Implementation Council" Dichiarazione del Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa Dott. Cornelio Sommaruga Ginevra, 6 Aprile 1999 Le parole sono sempre più inadeguate per descrivere le devastazioni nei Balcani. La regione ha testimoniato un elenco terrificante di tragedie, sia individuali, sia collettive, da oltre dieci anni. Prima c'era la Croazia. Poi la Bosnia-Herzegovina. Ora siamo di fronte ad un conflitto che s'allarga[1] sempre più in Kosovo ed in tutta la Repubblica Federale Iugoslava, le cui implicazioni umane sono semplicemente disastrose. Di fatto, sono convinto che le ripercussioni le sentiremo per decenni a venire. Mi sento costretto ad esprimere la mia personale costernazione per l'allargarsi della situazione in Kosovo. La prima cosa che viene di pensare, è lo spettacolo di così tante vite distrutte davanti ai nostri occhi. Il numero di persone forzate ad abbandonare le proprie case si contano ora a centinaia di migliaia, ed il loro trauma è inimmaginabile. Le testimonianze ci assicurano che c'è un tentativo di spingere una vasta maggioranza della popolazione d'origine albanese fuori del Kosovo. In aggiunta a ciò, l'ICRC ha ragione di temere per le condizioni dei civili in Kosovo, in molti casi, in pericolo di vita. Ho chiesto e non cesserò di chiedere alle autorità Iugoslave al livello più alto di prendere misure immediate ed effettive per assicurare l'incolumità della popolazione d'origine albanese in Kosovo. E' importante anche porre l'accento e la nostra preoccupazione circa l'impatto in termini umanitari degli attacchi aerei nella Repubblica Federale Iugoslava, dove i civili trascorrono notte dopo notte in rifugi antiaerei, con timore, pena fisica e preoccupazione per l'incolumità dei propri cari e dei vicini. L'ICRC ha formalmente ricordato agli stati membri della NATO e alle autorità iugoslave i loro obblighi relativamente alle regole ed ai principi del Diritto Internazionale Umanitario, in particolare per quello che riguarda la condotta delle ostilità, ovvero alle disposizioni della III Convenzione di Ginevra riguardo al trattamento di prigionieri di guerra. Ora mi piacerebbe fare alcune osservazioni precise rispetto ai massicci movimenti di popolazione fuori dal Kosovo verso la Repubblica di Montenegro, Albania e la Repubblica di Macedonia. Primo, deve essere posto l'accento ancora una volta su quello che non è sufficiente identificare semplicemente come una "catastrofe umanitaria." Un conflitto su così vasta scala, che ha causato un'improvvisa ed ampia crisi di profughi, sicuramente la più grande in Europa durante la seconda metà di questo secolo, è essenzialmente una catastrofe politica e sociale che ha delle immense implicazioni umanitarie. In secondo luogo, sono stati fatti dei commenti sull'"incapacità" delle organizzazioni umanitarie nell'affrontare la situazione. Lasciatemi essere molto chiaro su questo: le organizzazioni umanitarie, tra cui il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, cercano di affrontare la crisi, ma evidentemente la sua ampia dimensione richiede una mobilitazione speciale. Alcune dure decisioni politiche saranno richieste da parte della comunità internazionale, affinché nei Balcani possa essere conservata la più ampia stabilità. L'ICRC desidera fare eco alla richiesta fatta dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e da altri governi per accettare un gran numero di rifugiati, in modo provvisorio, nei loro rispettivi Paesi. Alcuni governi hanno già indicato la loro intenzione di procedere in questa direzione. Questo passo incoraggiante dovrebbe essere accompagnato da misure atte a prevenire la separazione dei nuclei familiari. Una tale suddivisione del carico rassicurerà l'Albania e la Macedonia che non saranno le sole a subire le conseguenze dell'afflusso di rifugiati. Allo stesso tempo faccio un forte appello alle autorità di Skopje di aprire le frontiere senza perdere ulteriore tempo e permettere l'ingresso alle decine di migliaia d'uomini, donne e bambini che sono stati bloccati per giorni nella pericolosa terra di nessuno. Mosse urgenti sono necessarie per risolvere questa situazione deplorabile: le frontiere devono essere aperte in Macedonia ed altrove! Parallelamente, un gran numero di Stati hanno già espresso la loro intenzione di usare tutti i mezzi disponibili per risolvere la crisi dei rifugiati in Albania e in Macedonia, inclusi mezzi militari. Lasciatemi ricordare, comunque, il travaglio di migliaia di civili d'origine albanese giunti in Montenegro, dove il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa è l'organizzazione più operativa. Inoltre, colgo l'occasione per mettere l'accento sul fatto che l'ICRC e la Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, dallo scoppio di questa crisi, hanno incrementato le loro attività in aiuto delle vittime dei conflitti nella Repubblica Federale Iugoslava, in Albania e in Macedonia. Queste attività si focalizzano non solo sull'assistenza materiale, ma anche nell'alleviare le conseguenze di un conflitto dove così tante persone sono forzate ad abbandonare le proprie loro case: la perdita dei contatti con i propri parenti ed amici. Questo causa un'insopportabile sofferenza per persone che vivono già in condizioni terrificanti. Allo stesso tempo il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha messo su una strategia regionale che contiene l'appello lanciato oggi. In questa strategia il ruolo cruciale è giocato e continuerà ad essere giocato dalle Società Nazionali di Croce Rossa dei Paesi impegnati. Giorgio Weber, Segretario Generale della Federazione Internazionale, ha sottolineato che le maggiori risorse del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa sono state mobilitate per assicurare una risposta alle urgenti necessità dei giorni e delle settimane a venire. Devo insistere qui sul fatto che la presenza della Croce Rossa sarà essenziale sia all'interno della Yugoslavia, in modo da provvedere all'assistenza e dove possibile alla protezione, delle vittime, e sia fuori dal Paese per provvedere ai bisogni dei profughi. A questo riguardo, mi piace evidenziare il positivo grado di coordinazione tra l'ICRC, la Federazione Internazionale ed altre organizzazioni umanitarie, come in particolare con l'UNHCR, in questa fase critica. Permettetemi di concludere per affermare che chiunque è interessato da questo dramma deve mostrare un senso di responsabilità. Ci sono persone che necessitano del nostro intervento urgente e concordato, e nessuno - né governo, né organizzazione - è in grado di affrontare questa crisi da solo. [1] Dal 24 marzo 1999, gli eventi nella Repubblica Federale Iugoslava si sono succeduti con spaventosa velocità. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) è profondamente allarmato dal diffondersi del conflitto, che prende una dimensione regionale sempre maggiore ed ha conseguenze incalcolabili in termini umanitari. -------- 4 --------- Dichiarazione pubblica del CICR sulla situazione nel Kossovo Il CICR ha adottato, da molto tempo, una politica di rapporti confidenziali, presso le Parti di un conflitto, quando reputa necessario attirare la loro attenzione sulle violazioni del Diritto Internazionale Umanitario o su alcune situazioni inaccettabili da un punto di vista umanitario, e di richiedere ai responsabili la cessazione di questi comportamenti. Tuttavia, il CICR ha sempre voluto riservarsi la possibilità di fare alcune dichiarazioni pubbliche sulla situazione di un conflitto, quando le circostanze lo avessero richiesto. È il caso, ad esempio, quando i suoi Delegati si trovano di fronte a questioni umanitarie particolarmente gravi, provocate o aggravate da violazioni continue o ripetute delle elementari regole umanitarie. Il 15 settembre 1998, il CICR ha reso pubblica la sua posizione sulla crisi nel Kossovo. La Revue propone questo documento per i suoi lettori, come esempio di una dichiarazione pubblica, effettuata dal CICR, a proposito di una situazione di conflitto o di tensioni interne. La Revue La posizione del CICR in merito alla crisi del Kossovo. Gli avvenimenti si sono aggravati nel Kossovo. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) si è convinto che la situazione in questa regione sia arrivata ad uno stadio critico, per le conseguenze umanitarie della popolazione civile. Tutti coloro che sono implicati nel conflitto sono costretti ad assumersi le proprie responsabilità. In questo stesso momento, e come avviene d'altronde da diverse settimane, svariate decine di migliaia di civili sono prigionieri del ciclo distruttore di attacchi e deportazioni. Essi subiscono violenze, le loro vite sono minacciate, le loro case distrutte; sono separati dalle loro famiglie o vittime di rapimenti. Migliaia di loro non sanno più dove andare, né a chi rivolgersi per avere una qualche protezione. Da un punto di vista umanitario, è ormai palese come le perdite di civili non possono essere considerate semplicemente come dei "danni collaterali", come è stato ritenuto opportuno definirli finora. Nel Kossovo, i civili sono divenuti le principali vittime dei combattimenti quando non sono, addirittura, l'obbiettivo designato. La questione fondamentale che occorre affrontare completamente è la sicurezza, e quindi il rispetto, della popolazione civile. Ciò vuol dire che prima di tutto i civili hanno il diritto di vivere in un ambiente sicuro e di riappropriarsi delle proprie case in condizioni di sicurezza e dignità. Le autorità della Repubblica Federale di Yugoslavia si sono impegnate a facilitare il ritorno dei profughi nei loro paesi ed hanno disposto una dozzina di campi in cui gli aiuti saranno distribuiti con il loro appoggio. I Governi dei Paesi occidentali, dal canto loro, hanno presentato in queste settimane alcune proposte, volte ad incoraggiare il ritorno delle popolazioni verso determinate zone del Kossovo. In linea di principio, tutte le misure atte a migliorare le condizioni di sicurezza e di far rinascere la fiducia sono le benvenute. Di fatto, un certo numero di persone sarebbe riuscito a ritornare in alcuni villaggi del centro e della parte occidentale del Kossovo. Tuttavia, una importante contraddizione è emersa tra la politica di incoraggiamento al ritorno nei luoghi d'origine e la natura stessa delle operazioni condotte dalle Forze di Sicurezza nel corso di queste ultime settimane. Queste operazioni, infatti, hanno causato ulteriori morti e feriti tra i civili, portato alla distruzione di beni privati su larga scala e scatenato nuovi fughe di massa. Tutto ciò ha creato un clima di paura intensa e generalizzata. Questi ultimi avvenimenti si aggiungono al tributo, già molto pesante, pagato dalla popolazione civile, tra cui va sottolineato l'assassinio di una dozzina di civili serbi ed il rapimento di più di un centinaio di altri, la cui sorte resta incerta. La contraddizione esistente tra la politica che si basa sull'incoraggiamento dei profughi a ritornare nelle proprie case, ed il modo in cui tali operazioni sono condotte è illustrata da alcune pratiche cui i Delegati del CICR sono stati testimoni sul campo. Sono state lanciate delle massicce operazioni contro alcuni villaggi ed stanziamenti in cui i profughi avevano trovato rifugio. Queste operazioni hanno avuto le seguenti conseguenze: - alcuni civili uccisi o feriti, la distruzione massiva di beni e la fuga di un gran numero di abitanti o di persone che erano già profughe. Questa era la situazione al 10 settembre tra Istnic e Krusevac, dove alcuni civili in preda al panico sono stati costretti a rimettersi, di nuovo, in fuga, nel momento stesso in cui le autorità prevedevano di aprire un centro di soccorso supplementare proprio in quel luogo; - alcuni civili in fuga si sono ritrovati bloccati in regioni semichiuse o in regioni particolarmente esposte. Alcuni di loro hanno subito nuovi attacchi: per esempio, alcune persone si sono rifugiate in una gola nei pressi di Sdlare hanno subito dei tiri di obice, il 29 agosto. - il controllo di interi gruppi di popolazione con l'intento dichiarato di identificare le persone che avevano partecipato ad alcune operazioni dirette contro le Forze di Sicurezza; i maltrattamenti e le intimidazioni durante gli interrogatori; e la circostanza di non rendere noti alle famiglie i luoghi di detenzione dei loro familiari. Tutto ciò si è, ad esempio, realizzato a Ponorac, il 5 settembre, quando svariate dozzine di uomini vi sono stati condotti. I loro familiari non sanno ancora nulla di loro; - le difficoltà per di assicurare l'accesso alle cure mediche per i feriti e per i malati negli ospedali del Kossovo. Ad oggi, migliaia di civili - albanesi, serbi, ed altri- vivono in un clima di insicurezza e di estrema paura. Di conseguenza, il CICR dichiara quanto segue: - La responsabilità di garantire la sicurezza ed il rispetto della popolazione civile ricade sulle Autorità Serbe, che devono prendere tutte le misure possibili per proteggere i civili. Il CICR si appella, espressamente, alle Autorità Serbe affinché pongano fine all'uso sproporzionato della forza, così come agli atti di violenza specificatamente diretti contro i civili, tra cui, in particolare, la distruzione dei loro beni. Il CICR rinnova l'appello che ha lanciato per ottenere l'accesso, in conformità alle sue procedure abituali, a tutte le persone arrestate in relazione agli avvenimenti nel Kossovo. - Il CICR esorta i Rappresentanti Politici Albanesi, nonché l'Esercito di Liberazione del Kossovo (UCK) a fare tutto ciò che è in loro potere per contribuire a mettere fine alle uccisioni, ad intraprendere un serio dialogo sulla sorte ed il luogo in cui si trovano i Serbi catturati nel Kossovo, ed a fornire delle informazioni su questi punti. - Al di là delle conseguenze umanitarie si pone la questione del regolamento politico della crisi. Il CICR è convinto che la Comunità Internazionale debba trarre degli insegnamenti dall'esperienza acquisita, a questo riguardo, nelle altre regioni dei Balcani. Il CICR ritiene che sia cruciale mantenere una distinzione netta tra gli aspetti umanitari e quelli politici della crisi. I deportati non hanno che un desiderio, quello di ritornare nelle loro case. Essi dovrebbero avere l'autorizzazione a rientrarvi. Comunque, finché non ci saranno tutte le condizioni che lo consentano, dovrebbero essere loro prestati dei soccorsi in qualunque luogo si trovino, e l'aiuto umanitario non dovrebbe limitarsi solo ad alcuni luoghi. Il CICR è perfettamente cosciente che spetta ad esso utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per prendersi cura dei civili, sia nelle regioni nascoste che nei loro villaggi, per tentare di ottenere una visita alle persone arrestate, per scoprire dove si trovano le persone rapite e per assicurarsi se i feriti ed i malati ricevono le cure adeguate. Il CICR dispone attualmente di una cinquantina di Collaboratori locali e di diciassette provenienti dall'estero che lavorano in condizioni difficili nel Kossovo. Parimenti, esso ha la responsabilità di mobilitare le risorse interne nell'ambito del Movimento Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Il CICR intende proseguire risolutamente i suoi sforzi per instaurare un dialogo con le Autorità Yugoslave e la Comunità Albanese per trovare una soluzione umanitaria la più possibile adatta alla crisi attuale. Esso cercherà di mantenere una stretta coordinazione con le altre Organizzazioni Umanitarie presenti sul campo, come lo HCR. Il CICR continuerà ugualmente a coordinare la propria attività con la Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e la Società Nazionale di Croce Rossa Yugoslava, ed a cooperare strettamente con esse. È ormai necessario che tutti coloro che sono implicati in questo conflitto riconoscano e si assumano le proprie responsabilità. Si tratta di una condizione imprescindibile se si vuole riuscire ad attenuare l'insicurezza e la paura generalizzate ed evitare una degradazione potenzialmente disastrosa della situazione. Comitato Internazionale della Croce Rossa 15 settembre 1998 |