16 LUGLIO 2001 nr. 64 Notiziario a cura del Museo Internazionale Croce Rossa Castiglione delle Stiviere (MN) ---------------------------------------------------------------------------------- 1- CICR News nr. 19 - 20 -21 traduzione a cura di Luigi Micco 2- Franca FAITA, "cavaliere della Repubblica", per la lotta contro le mine! Comunicato da Padre Marcello Storgato 3- "I Rifugiati" quinta parte della relazione di Luigi Micco (nel prossimo numero del Caffè l'ultima parte)
1- CICR NEWS n. 19 del 17 maggio 2001 EX-REPUBBLICA IUGOSLAVA DI MACEDONIA: CIVILI SOCCORSI TRA I COMBATTIMENTI Alcuni delegati hanno evacuato lontano 37 persone- principalmente anziani, donne e bambini - da Lipkovo, dove molti residenti di altri villaggi, a seguito dei combattimenti avevano cercato rifugio. PACIFICO: PREPARAZIONE AI CONFLITTO Due workshop sulla preparazione ai conflitti, tenutisi recentemente nelle isole Fiji e le Isole Solomon, sono stati seguiti dai rappresentanti del CICR, della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e delle Società Nazionali di Australia, Fiji, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Samoa, Isole Solomon e Vanatu. PAPUA NUOVA GUINEA: CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE SUGLI EMBLEMI Per contrassegnare la Giornata mondiale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, il Ministro della Difesa di Papua Nuova Guinea, Kilroy Genia, ha ufficialmente lanciato una campagna per aumentare la sensibilizzazione sugli Emblemi di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. AMERICA CENTRALE: ESPERTI LEGALI RICEVONO IL PREMIO JEAN PICTET Tre esperti legali hanno ricevuto il premio Jean Pictet, premio assegnato ogni anno dalla delegazione regionale del CICR in Guatemala alle persone che si sono distinte nelle ricerche nel campo del diritto internazionale umanitario. *********** CICR News n. 20 del 23 maggio 2001 IUGOSLAVIA: AZIONE DEL CICR PER LA CRISI NEL SUD DELLA SERBIA Combattimenti sono scoppiati sabato 12 maggio tra le forze di sicurezza iugoslave e dei gruppi armati albanesi che avevano preso il controllo del villaggio di Oraovica, situato fuori della zona di sicurezza (Ground Safety Zone). ANGOLA: FINE DELL'ASSISTENZA PER LE POPOLAZIONI RESIDENTI INTORNO A HUAMBO Il CICR ha da porco terminato le distribuzioni di cibo e semenze agricole a circa 70.000 famiglie (circa 300.000 persone) residenti in 120 villaggi intorno a Huambo, e alle persone sfollate che vivevano nei campi di accoglienza della regione. KENYA: RETE DI DISTRIBUZIONE DELL'ACQUA ALLA COMUNITÀ Una squadra congiunta della Croce Rossa ha installata una rete di distribuzione dell'acqua, alimentata per gravità, agli abitanti di Kapsait, un villaggio situato nelle regioni montane, tra i distretti di Pokot occidentale e di Marakwet. COSTA D'AVORIO: LA CROCE ROSSA ASSISTE GLI SFOLLATI NEL DISTRETTO DI BLOÉQUIN A seguito del recente conflitto scoppiato tra le comunità ivoriane e burkinabè, nel distretto di Bloéquin (ad ovest del Paese), il CICR e la Croce Rossa della Costa d'Avorio, dall'8 all'11 maggio, hanno proceduto ad una prima valutazione dei bisogni. ALGERIA: PRIMO INCONTRO SUL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO La Mezzaluna Rossa Algerina, con il sostegno del CICR, ha organizzato un incontro sul diritto internazionale umanitario, che si è tenuto il 19 e il 20 maggio 2001 presso il Palazzo della Cultura ad Algeri. COLOMBIA: CAMPAGNA PER LA PROTEZIONE DELLA POPOLAZIONE CIVILE Allo scopo di sensibilizzare gli attori dei conflitti armati in Colombia, sulla imperiosa necessità di proteggere la popolazione civile dalle ostilità, il CICR e la Croce Rossa Colombiana hanno avviato una campagna in tutto il Paese **************** CICR NEWS n. 21 del 31 maggio 2001 AFGANISTAN: MIGLIORARE L'APPROVVIGIONAMENTO IDRICO E LE CONDIZIONI SANITARIE A KABUL Una squadra "acqua e bonifica" del CICR, il 22 maggio ha avviato i lavori di risistemazione della stazione di pompaggio dell'acqua di Chelstoon. Così, circa 20.000 abitanti possono disporre adesso dell'acqua potabile che gli necessitava fortemente. MAROCCO/SAHARA OCCIDENTALE: NUOVE VISITE DEL CICR AI PRIGIONIERI MAROCCHINI NELLE MANI DEL FRONTE POLISARIO Una squadra di quattro delegati del CICR, di cui un medico, un dentista e un chirurgo oftalmologo, dall'11 al 25 maggio 2001, hanno effettuato una visita ai prigionieri marocchini nelle mani del Front Polisario. PERÙ: COMMISSIONE INTERMINISTERIALE PER L'APPLICAZIONE DEL DIRITTO INTENAZIONALE UMANITARIO La delegazione CICR a Lima ha tenuto, il 23 maggio, una conferenza allo scopo di esaminare l'importanza di avviare un meccanismo nazionale destinato a far rispettare le regole del diritto internazionale umanitario. ^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^-^- 2- FRANCA FAITA, "cavaliere della Repubblica", per la lotta contro le mine! Sabato 2 giugno 2001 19.57 Comunicatoci da Padre Marcello Storgato Mineaction Brescia Con Motu proprio, nella ricorrenza del 55° anniversario della Repubblica Italiana, il Presidente Carlo Azelio Ciampi ha firmato il Decreto di conferimento di onorificenza a 93 cittadini e cittadine d'Italia. Tra queste, il Presidente ha conferito il titolo onorifico di "Cavaliere" alla signora Franca Faita "volontaria della Campagna contro le mine antipersona". "E' con grande gioia e con immenso piacere che ho appreso la notizia di questo alto riconoscimento concesso a una donna operaia impegnata nel sindacato per il rispetto dei diritti umani e della pace in tutto il mondo" - ha commentato p. Marcello Storgato, missionario saveriano e uno dei più strenui promotori della Campagna per la Messa la Bando delle Mine. "La Campagna italiana ha raggiunto l'obiettivo di far cessare la produzione in Italia di mine antipersona con l'apporto determinante e costante di Franca Faita e delle altre donne impiegate alla Valsella. Da dentro la fabbrica, con grande coraggio e determinazione, queste donne hanno saputo far valere il senso della vita per se stesse e per tutte le persone a rischio nel mondo, a causa delle mine prodotte e disseminate in tante parti del pianeta" - ha proseguito il missionario saveriano. Franca Faita ha lavorato nella Valsella Meccanotecnica SpA di Castenedolo (Brescia) per molti anni, come impiegata e come sindacalista. Con le altre donne della Valsella, ha partecipato al primo Convegno internazionale contro le mine, tenutosi a Brescia nel settembre del 1994, e alla lunga Marcia da Brescia a Castenedolo, per chiedere la riconversione della fabbrica dalla produzione militare alla produzione civile. "Abbiamo diritto di lavorare, ma non possiamo guadagnarci da vivere producendo ordigni che mettono in pericolo la vita di persone innocenti", aveva detto allora Franca Faita davanti a più di cinquemila persone radunate nella Piazza centrale di Castenedolo. Nel febbraio scorso, su Geo & Gea di RaiTre, per la regia di Anna Carini, era stato trasmesso il Documentario "Franca e le altre Donne", un programma che narrava la storia dell'impegno di queste donne per il disarmo e la pace. Tel. di Franca Faita: 030 2731776 Tel. di p. Marcello Storgato sx: 030 3753474 Con Franca, abbiamo ricordato e celebrato anche le altre "donne della Valsella", di cui desidero fare espressamente i nomi. Sono: Agnese, Aurora, Ferdinanda, Maria. Anche a loro il coraggio e il merito. Marcello Storgato -------------------------------- Marcello Storgato sx via Piamarta, 9 25121 Brescia (BS) - Italy Tel. ++030.3772780 Fax ++030.3772781 E-mail:
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v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v-v 3- "I RIFUGIATI" Quinta (e penultima) parte di Luigi Micco In questo numero del Caffè, analizzeremo con maggior dettaglio le definizioni presenti in alcuni strumenti internazionali, ponendo l'accento sulla loro molteplicità e sulle loro differenze. DEFINIZIONI Chiunque si avvicina per la prima volta al problema dei rifugiati rimane sicuramente colpito dalla varietà di termini utilizzati quando appunto si parla di loro. Ogni termine descrive delle circostanze specifiche e riflette a volte l'esistenza o l'assenza del diritto. RIFUGIATO 1. Convenzione del 1951 Secondo l'art. 1.A, ai sensi della Convenzione del 1951, è un rifugiato una persona che è stata riconosciuta tale in virtù di accordi o di strumenti internazionali già esistenti, o "che, a seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1° gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra." Per "avvenimenti ... 1951", la Convenzione permette di fissare un limite geografico ("avvenimenti verificatisi in Europa .. " oppure "avvenimenti verificatisi in Europa o altrove ."), lasciando ad ogni Stato contraente la libertà di accettare l'una o l'altra definizione al momento della firma, della ratifica o della successione. Vi sono dunque quattro fattori rilevanti nella definizione di rifugiato: - un timore fondato, - la persecuzione (la costante sorveglianza della polizia o la minaccia di arresto, la carcerazione senza processi, le molestie ai membri della famiglia e le torture fisiche o psicologiche, ecc.) - la razza, la religione, la nazionalità, l'appartenenza ad un gruppo sociale o politico particolare, - l'allontanamento dal proprio Paese d'origine. 2. Protocollo del 1967 Il Protocollo del 1967, che completa la Convenzione del 1951, non contiene una vera e propria definizione, ma semplicemente estende l'applicazione eliminando la restrizione geografica e il limite temporale relativo al 1 gennaio 1951. 3. Statuto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) del 1950 La definizione data dallo Statuto dell'ACNUR, altre ai casi previsti dalla Convenzione del 1951, comprende "chi si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza o, se non ha cittadinanza, fuori del Paese ove ha la propria residenza abituale, perché teme, o temendo a ragione, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità o per le sue opinioni politiche e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese, oppure non avendo una cittadinanza non vuole tornare nel Paese ove ha la sua residenza abituale". 4. Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione Africana del 1969 La Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione Africana (OUA), adottata il 10 settembre 1969, definisce come rifugiato "ogni persona, che, a causa di un'aggressione esterna, dell'occupazione di un Paese, di una dominazione straniera o di avvenimenti che sconvolgono seriamente l'ordine pubblico sia in una parte, sia in tutto il suo Paese d' origine o del Paese di cui egli ha preso la cittadinanza, è obbligato a lasciare la sua residenza abituale per cercare di rifugio in un altro luogo fuori del suo Paese di origine o del Paese di cui egli ha preso la cittadinanza." La maggior parte dei rifugiati Africani ha lasciato il proprio Paese per una o più ragioni descritte nella definizione precedente, e di fatto, se questa definizione facesse parte della Convenzione del 1951 (che resta comunque la base per determinare lo status di rifugiato in Europa), lo status di rifugiato sarebbe accordato ad un numero maggiore di persone che presentano richiesta d'asilo in Europa. RIFUGIATO PER MANDATO Un rifugiato per mandato è una persona considerata dall'ACNUR come un rifugiato secondo la definizione di rifugiato presente nel proprio Statuto (che è sostanzialmente identica alla definizione presente nella Convenzione del 1951). L'ACNUR può essere chiamata a determinare lo status di rifugiato nel caso in cui il Paese di accoglienza non aderisce alla Convenzione del 1951 e/o al Protocollo del 1967. RIFUGIATO STATUTARIO L'art. 1.A.(2) della Convenzione del 1951 prevede il caso dei rifugiati detti "statutari", ciò delle persone che sono considerate come rifugiati in applicazione delle disposizioni degli strumenti internazionali anteriori alla convenzione. Il testo di questa disposizione è il seguente: "Ai fini della presente Convenzione, il termine "rifugiato" si applicherà a tutte le persone: 1) che sono state considerate come rifugiate in applicazione degli Ordinamenti del 12 maggio 1926 e del 30 giugno 1928, o in applicazione delle Convenzioni del 28 ottobre 1933 e del 10 febbraio 1938 e del Protocollo del 14 settembre 1939, o ancora in applicazione della Costituzione dell'Organizzazione internazionale per i rifugiati; Le decisioni di non eleggibilità stabilite dall'Organizzazione internazionale per i rifugiati durante la durata del suo mandato non sono di ostacolo affinché la qualità di rifugiato sia accordata a persone che rispettino le condizioni previste al paragrafo 2 della presente sezione". La menzione di questi diversi strumenti ha lo scopo di stabilire un legame con il passato e di assicurare la continuità della protezione internazionale a favore dei rifugiati che hanno sollecitato la comunità internazionale in diversi tempi del passato. Come si è indicato precedentemente, questi strumenti hanno perduto ora una parte della loro importanza e non c'è grande interesse ad esaminarli qui in dettaglio. Comunque, una persona che era considerata rifugiata in applicazione di uno di questi strumenti, è automaticamente un rifugiato secondo la Convenzione del 1951. Così, il titolare di un "passaporto Nansen" (un documento d'identità che serviva come titolo di viaggio, assegnato ai rifugiati conformemente alle disposizioni degli strumenti anteriori alla Seconda Guerra mondiale.) o di un "certificato di eleggibilità", deliberato dall'Organizzazione internazionale per i rifugiati, deve essere considerato come rifugiato secondo la Convenzione del 1951, a meno che egli non incorra in una clausola di cessazione o di esclusione. Ciò vale ugualmente per la prole superstite di un rifugiato statutario. RIFUGIATO SUL POSTO E' una persona che non era un rifugiato quando ha lasciato il proprio Paese, ma che lo è divenuto in virtù della sua situazione personale o di cambiamenti sopraggiunti nel suo Paese d'origine o nel Paese di cui ha la nazionalità. RIFUGIATO "DE-FACTO" Benché non esista nessuna definizione ufficiale, questo termine è utilizzato in certi Paesi d'Europa occidentale per qualificare la persona, pur avendo stabilito che non rientra nella definizione della Convenzione del 1951, è considerata comunque come avente bisogno di protezione internazionale in ragione delle condizioni esistenti nel proprio Paese d'origine. RICHIEDENTE L'ASILO Le persone che richiedono lo status di rifugiato sono chiamate richiedenti l 'asilo durante il periodo d'esame della loro domanda. Persone sfollate all'interno del Paese Sono le persone o le popolazioni che sono state forzate a divenire esuli e a lasciare le loro case per stabilirsi in un'altra regione del proprio Paese, generalmente in seguito a violazioni dei Diritti dell'Uomo. EMIGRANTE Un emigrante è una persona che, per motivi diversi da quelli che sono richiamati nella definizione di rifugiato, lascia volontariamente il suo Paese allo scopo di prendere residenza altrove. ELEMENTI DELLA DEFINIZIONE DELLA CONVENZIONE DEL 1951 1. "avvenimenti sopraggiunti prima del 1 gennaio 1951" Dopo l'adozione del Protocollo del 1967, il valore pratico di questo limite temporale si è considerevolmente ridotto. L'interpretazione della parola "avvenimenti", che non più interesse che per il piccolo numero di stati parti della Convenzione del 1951 ma non del Protocollo del 1967, non è definita dalla Convenzione del 1951, ma è stata intesa a designare gli "avvenimenti d'importanza tale da aver provocato delle modifiche territoriali o dei cambiamenti politici profondi così come le persecuzioni sistematiche che hanno avuto luogo e che sono l'effetto di cambiamenti anteriori" (documento ONU E/1618, p. 39). La data limite è relativa agli "avvenimenti" in seguito ai quali una persona diviene rifugiato, e non alla data alla quale egli diviene rifugiato, e nemmeno a quella in cui egli ha lasciato il proprio Paese. Un rifugiato può aver lasciato il proprio Paese prima o dopo della data limite, a condizione che egli tema di essere perseguitato per gli "avvenimenti" accaduti prima di questa data o per gli effetti ulteriori di tali "avvenimenti". 2. "temendo a ragione di essere perseguitato" Le parole "temendo a ragione di essere perseguitato" sono le parole chiave della definizione. Esse esprimono i principali elementi costitutivi della definizione di rifugiato. Esse sostituiscono alle definizioni anteriori di rifugiato per categorie (cioè delle persone di una certa origine che non godono della protezione del proprio Paese) l'idea generale del "timore" ispirato da un giusto motivo. La nozione di timore, essendo soggettiva, implica che la determinazione dello status di rifugiato consisterà più in una valutazione delle dichiarazioni dell'interessato che di un giudizio sulla situazione esistente nel Paese d'origine. L'elemento di timore, che è uno stato d'animo, una condizione soggettiva, è precisato con le parole "a ragione", le quali implicano che non è solo lo stato d'animo dell' interessato che determina lo status di rifugiato, ma che ciò deve essere fondato su una situazione oggettiva. Le parole "temendo a ragione" coprono dunque insieme un elemento soggettivo ed uno obiettivo e, per determinare l' esistenza di un timore ragionevole, i due elementi devono essere presi entrambi in considerazione. Si può presumere che a meno che non sia per il gusto dell'avventura o semplicemente per il viaggio, nessuno abbandona normalmente il proprio focolare e il proprio Paese senza esservi costretto da una ragione imperiosa. Le parole "temendo a ragione di essere perseguitato", per i motivi già enunciati, danno una condizione precisa, escludendo automaticamente tutte le altre cause di partenza. Esse escludono per esempio le vittime della fame o di catastrofi naturali, a meno che queste vittime non temano a ragione di essere perseguitate per uno dei motivi previsti. Comunque queste altre cause non possono essere considerate tutte estranee al processo di determinazione dello status di rifugiato, e quindi conviene tenerne conto per farsi un'idea esatta della situazione. La considerazione dell'elemento soggettivo implica necessariamente una valutazione della personalità dell'interessato, in quanto le reazioni psicologiche degli individui non sono forzatamente uguali nelle stesse circostanze. Una persona può avere delle convinzioni politiche o religiose sufficientemente forti tanto che il disprezzo delle sue convinzioni sia per lui intollerabile; per un altro, le convinzioni potrebbero essere meno forti. Una persona può partire per un colpo di testa, un'altra può preparare minuziosamente la sua partenza. Data l'importanza che gli elementi soggettivi rivestono nella definizione, è indispensabile, quando le circostanze del fatto non chiariscono sufficientemente la situazione, di stabilire la credibilità delle dichiarazioni fatte. Occorre allora tenere conto dei precedenti personali e familiari dell'interessato, della sua appartenenza a questo o quel gruppo razziale, religioso, nazionale, sociale o politico, della sua interpretazione della situazione e della sua esperienza personal, in altri termini, di tutto ciò che può indicare che il motivo essenziale della sua richiesta è il timore. La paura deve essere ragionevole. Una paura esagerata può non di meno essere fondata se, tenuto conto di tutte le circostanze del caso considerato, questo stato d'animo può essere considerato giustificato. E' necessario valutare le dichiarazioni del richiedente ugualmente per ciò che concerne l'elemento oggettivo. Le autorità che sono chiamate a determinare lo status di rifugiato non sono tenute ad emettere un giudizio sulle condizioni esistenti nel Paese d' origine del richiedente. Comunque, le dichiarazioni dell'interessato non possono essere prese in astratto e devono essere considerate nel contesto generale di una situazione concreta. Se la conoscenza delle condizioni esistenti nel Paese d'origine dell'interessato non ha uno scopo a se, essa è importante perché permette di apprezzare la credibilità delle dichiarazioni dell'interessato. In generale, il timore espresso deve essere considerato fondato se l'interessato può stabilire, in misura ragionevole, che la vita è divenuta intollerabile per lui nel suo Paese d'origine per le ragioni indicate nella definizione o che essa lo diventerà, per le stesse ragioni, se egli vi ritornerà. Non è necessario che gli argomenti invocati sia fondati sull'esperienza personale dell'interessato. Così, la sorte subita da parenti o da amici o da altri membri dello stesso gruppo razziale o sociale può attestare che il timore del richiedente di essere lui stesso presto o tardi vittima della persecuzione è fondato. Le leggi del Paese d'origine e in particolare il modo in cui esse sono applicate, sono ugualmente importanti. Ciò nonostante, la situazione d'ogni persona deve essere valutata essa stessa. Nel caso di una personalità molto in vista, i rischi di persecuzione possono essere molto più grandi che nel caso di uno sconosciuto. Tutti questi elementi, a partire dal carattere di una persona, i sui precedenti, la sua posizione, la sua fortuna o la sua franchezza, possono portare alla conclusione che è "a ragione" che egli tema di essere perseguitato. Se lo status di rifugiato deve essere normalmente stabilito su base individuale, ci sono dei casi in cui dei gruppi interi sono stati spostati in circostanze che indicano che i membri del gruppo possono essere considerati individualmente come dei rifugiati. In molti casi, è spesso necessario agire d'urgenza per prestare loro soccorso: allora non si può procedere, per ragioni puramente pratiche, ad una determinazione caso per caso dello status di rifugiato d'ogni membro del gruppo. Si segue in tali casi una procedura detta di "determinazione collettiva" dello status di rifugiato, secondo la quale, salvo parere contrario, ogni membro del gruppo è considerato a prima vista (a primo acchito) come un rifugiato. Messi da parte i casi precedenti, tocca normalmente alla persona che reclama lo status di rifugiato di stabilire, essa stessa, che teme a ragione di essere perseguitata. Si può supporre che una persona è fondatamente timorosa di persecuzioni quando n'è già stata la vittima per una delle cause enumerate nella Convenzione del 1951. Comunque, la paura di essere perseguitato non è ritenuta riservata solo alle persone che sono state già perseguitate, ma ugualmente a quelle che vogliono evitare di trovarsi situazione in cui potrebbero incappare. Generalmente, un rifugiato non dirà espressamente che egli "teme di essere perseguitato" e non utilizzerà la parola "persecuzione" , ma, anche se egli non l'esprime così, questo timore trasparirà spesso dal suo racconto. Ugualmente, anche se un rifugiato può avere delle opinioni molto precise di ciò che ha sofferto, può non essere capace, per delle ragioni psicologiche, di esporre la sua esperienza vissuta, la sua situazione, in termini politici. Un caso classico ove si pone la questione di sapere se il timore è fondato, è quando l'interessato possiede un passaporto nazionale in corso di validità. Si ipotizza a volte che il possesso di un passaporto significa che le autorità che lo hanno rilasciato non hanno intenzione di perseguitare il titolare, poiché, se fosse altrimenti, non gli avrebbero rilasciato il passaporto. Anche se ciò è vero in certi casi, numerose persone hanno utilizzato un mezzo legale per uscire dal loro Paese, perché per loro era l'unico mezzo per evadere, e non hanno mai rivelato le loro opinioni politiche per non essere inquisito. Il possesso di un passaporto non può dunque essere sempre considerato come una prova di lealtà da parte del suo titolare, né come un'indicazione dell' assenza di timore. Un passaporto può essere rilasciato ad una persona che è indesiderabile nel suo Paese d'origine, al solo scopo di permettergli di partire, e ci sono dei casi ove il passaporto è stato ottenuto in modo illegale. Di conseguenza, il semplice possesso del passaporto nazionale valido non è un ostacolo al riconoscimento dello status di rifugiato. Se, in compenso, il richiedente insiste, senza una ragione valida, nel voler conservare un passaporto in corso di validità di un Paese di cui non vuole reclamare la protezione, ciò può mettere in dubbio il sentimento di timore che egli pretende di provare. Una volta che egli è riconosciuto come tale, il rifugiato non deve normalmente conservare il suo passaporto nazionale. Tuttavia, ci possono essere dei casi eccezionali nei quali una persona che soddisfa i criteri applicabili per il riconoscimento dello status di rifugiato può conservare il suo passaporto nazionale, o se né fa rilasciare uno nuovo dalle autorità del suo Paese d'origine in virtù di disposizioni speciali. In particolare, quando queste disposizioni non implicano che il titolare del passaporto nazionale è libero di rientrare nel suo Paese senza autorizzazione preliminare, ciò non è incompatibile con lo status di rifugiato. 3. Persecuzione Non c'è una definizione universalmente accettata di "persecuzione" e i diversi tentativi di definizione hanno incontrato poco successo. Dall'art. 33 della Convenzione del 1951, si può dedurre che le minacce alla vita o alla libertà per ragioni di razza, di religione, di nazionalità, di opinioni politiche o di appartenenza a un certo gruppo sociale sono sempre delle persecuzioni. Altre violazioni gravi dei diritti dell'uomo, per le stesse ragioni costituiscono ugualmente delle persecuzioni. La questione di sapere se alcune azioni pregiudizievoli o la minaccia di tali azioni costituiscano persecuzione, dipende dalle circostanze di ogni caso, tenuto conto dell' elemento soggettivo di cui si è fatto menzione in precedenza. Il carattere soggettivo del timore di essere perseguitato implica una stima delle opinioni e dei sentimenti dell'interessato. E' ugualmente alla luce di queste opinioni e di questi sentimenti che bisogna considerare tutte i provvedimenti di cui egli è oggetto o di cui ritiene di essere oggetto. In ragione della diversità delle strutture psicologiche individuali e delle circostanze di ogni caso, l'interpretazione della nozione di persecuzione non è certamente uniforme. Inoltre, il richiedente lo status di rifugiato può essere stato oggetto di provvedimenti diversi che di per se non rappresentano persecuzione (per esempio, differenti provvedimenti di discriminazione), alle quali si aggiungono in certi casi altre circostanze diverse (per esempio una atmosfera generale di insicurezza nel Paese di origine). In molti casi, i diversi elementi della situazione, presi congiuntamente, possono provocare nel richiedente uno stato d'animo che permette ragionevolmente di dire che egli teme di essere perseguitato per dei "motivi cumulati" per i quali non è definibile una regola generale, ma in tutti i casi bisogna tenere conto del contesto geografico, storico e etnologico. 4. Discriminazione In numerose società umane, i diversi gruppi che le compongono sono oggetto di differenza di trattamenti più o meno marcati. Le persone che, in seguito a ciò, giovano di un trattamento meno favorevole, non sono necessariamente vittime di persecuzioni. Non è che in casi particolari che la discriminazione equivale alla persecuzione. Lo è quando i provvedimenti discriminatori hanno delle conseguenze gravemente pregiudizievoli per la persona affetta, per esempio delle serie restrizioni dei diritti di esercitare un mestiere, di praticare la propria religione o di avere accesso alle strutture di scolastiche normalmente aperte a tutti. Quando i provvedimenti discriminatori non sono gravi di per se, possono non di meno indurre l'interessato a temere a ragione di essere perseguitato se provocano in lui un sentimento di apprensione e di insicurezza relativamente alla propria sorte. La questione di sapere se questi provvedimenti discriminatori possono essere considerati persecuzione, non può essere risolta che alla luce di tutte le circostanze della situazione. Comunque, è certo che la richiesta di chi invoca il timore di persecuzioni è più giustificata se egli è già stato vittima di un certo numero di provvedimenti discriminatori quali quelli su menzionati e che, quindi, intervenga un effetto cumulativo. Nel prossimo numero, quello conclusivo di questa serie di articoli, pubblicheremo delle statistiche, sufficientemente aggiornate, per dare il senso della dimensione del "problema rifugiati" e una bibliografia, certamente non esaustiva, sull'argomento. |